da Giorgio Bagnasco | Gen 10, 2022 | Uncategorized
Nell’ex capitale Almaty si sentono ancora spari e si assiste a qualche scontro sporadico tra gruppi di manifestanti e truppe governative. Le proteste contro il caro-gas dei giorni scorsi sono sfociate in veri e propri disordini, con molti manifestanti che chiedevano a gran voce che l’ex presidente Nursultan Nazarbayev, dimessosi nel 2019 e poi nominato padre della patria, esca definitivamente di scena. In conseguenza dei tafferugli e degli oltre 150 morti, il suo successore ha assunto la carica di capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ruolo che in realtà veniva ancora ricoperto dal precedente leader e che lo rendeva reggente occulto. Le autorità non parlano esplicitamente di golpe, ma a far propendere le convinzioni in questo senso va l’arresto dell’ex capo dell’intelligence del Kazakistan e alleato dell’ex presidente per «alto tradimento», con l’accusa di aver provato a rovesciare il governo proprio nell’ambito delle proteste provocate dal caro-gas.
Vi chiederete: ma che cosa c’entrano i disordini con le cripto valute? Ora vi spiego.
Negli ultimi 12 mesi, secondo un calcolo fatto dal Financial Times, circa 88.000 macchine di cryptomining sono state spostate in Kazakistan dalla Cina, perché le società di quel paese cercano di allentare le crescenti pressioni di Pechino sul settore, ma anche per i bassissimi costi dell’energia elettrica nell’ex repubblica sovietica e per via delle basse temperature che lì il clima regala, poiché gli immensi server che vengono usati per minare i bitcoin devono essere refrigerati, oltre a consumare molta energia.
Questa attività è una delle cause dell’aumento del costo dell’energia elettrica e delle proteste divampate, scatenate dalla crisi dell’elettricità e del gas, che hanno un filo diretto con l’estrazione di cripto valute, come Bitcoin ed Ethereum.
Il ministero dell’Energia kazako aveva già lanciato l’allarme lo scorso novembre, registrando un aumento della domanda dell’energia elettrica pari all’8% annuo: il numero crescente di società che estraggono Bitcoin che hanno deciso di spostare l’attività nel Paese nel 2021 hanno aumentato i consumi a dismisura.
Il costo dell’energia è uno dei fattori principali che consentono la profittabilità delle attività estrattive di cripto valute. La soluzione degli algoritmi che ‘proteggono’ i bitcoin e che consente la loro emissione avviene attraverso l’azione di migliaia di processori che elaborano le monete. È un’attività considerata altamente energivora e dannosa per l’ambiente. Il Kazakistan ha sofferto per mesi di gravi carenze elettriche a causa di questa attività. Lo ha ammesso il governo, che ha promesso un giro di vite per regolamentare più strettamente le attività di cryptomining e di istituire una tassa per le società del settore che hanno sede legale nel Paese.
La situazione, insomma, è incandescente. E sul fronte delle crypto valute, il Kazakhstan non è un posto qualunque. Il Paese asiatico è appena dietro agli Stati Uniti in termini di quota del mercato globale del mining di Bitcoin, con il 18,1% di tutto il mining; di fatto è diventato l’eldorado dei minatori di cripto valute, Le sue miniere di carbone, infatti, forniscono un approvvigionamento energetico economico e abbondante. Ora il rischio crollo per la potenza di calcolo è reale, sarà interessante tenere d’occhio l’hashrate, termine tecnico usato per descrivere la potenza di calcolo di tutti i minatori nella rete bitcoin. Se questo crollasse o anche solo si abbassasse in modo importante, potrebbe darci contezza di cosa sta succedendo in Kazakistan. Proprio ieri, come riporta Cointelegraph, la società di mining Canaan ha annunciato di aver da poco ingrandito la sua attività nel paese con oltre 10mila Avalon Miner (estrattori di cripto valute). Le proteste divampate nel Paese potrebbero cambiare le carte in tavola, soprattutto le reazioni governative. Non per niente la questione ha mobilitato la Russia e la Cina, che ha appoggiato le scelte sovietiche di appoggiare il governo e fatto scendere il valore di Bitcoin & Co. Il dubbio di trovarsi di fronte all’ennesima speculazione è legittimo?
da Giorgio Bagnasco | Ott 18, 2021 | Presenza online, Uncategorized
Siamo nell’epoca del complottismo spinto, spesso si sente parlare di vaccini che contengono microchip, farmaci attivabili dal 5G e tentativi da parte dell’Ordine Segreto Mondiale di gestire le nostre menti. Non è questa di certo la sede per discutere di queste amenità, che rappresentano la mancanza di buon senso e l’anti scienza e parliamo invece di cosa l’informatica può fare a sostegno della medicina. È di queste ultime settimane la notizia della sperimentazione di un microchip inserito nel cervello di una 38enne americana, Sarah, da qualche anno gravemente affetta da una forma severa di depressione che non ha risposto alle cure tradizionali e che ora pare stia bene. La fonte della notizia è seria, è stata pubblicata su Nature Medicine e parla della stimolazione cerebrale personalizzata; si tratta di una tecnologia che impianta nel cervello di pazienti affetti da depressione grave un microchip alimentato a batterie.
È una specie di “pacemaker” per il Sistema Nervoso Centrale, un dispositivo capace di individuare i processi schematici dell’attività neurale, che corrispondono ai picchi di emozioni negative del paziente; la loro intercettazione produce l’invio di impulsi elettrici che regolano la produzione dei neurotrasmettitori che causano la depressione.
Sarah ha avuto un netto e sostanziale miglioramento dei sintomi già dopo 12 giorni, con successiva e repentina remissione della malattia. La paziente ha dichiarato di aver vissuto un piacevole e duraturo cambiamento della sua visione del mondo, il dispositivo ha tenuto a bada la sua depressione, permettendole di tornare a prendere in mano la propria esistenza.
Il metodo della stimolazione profonda del cervello era già usato per trattare il morbo di Parkinson, ora si affacciano interessanti applicazioni ad altre malattie neurologiche e psichiatriche; certo il metodo va affinato e soprattutto reso personalizzabile, perché ogni esigenza è specifica ed ogni paziente un caso a sé.
I microchip impiantati nella donna sono stati inseriti in due diverse regioni del cervello dopo aver eseguito un’attenta mappatura dell’attività cerebrale attraverso indagini strumentali. Il suo encefalo è stato sottoposto ai diversi stimoli per individuare la sede idonea all’innesto e dopo l’inserimento del chip Sarah ha iniziato a ridere di gran gusto, cosa che non accadeva da tempo.
Le due sedi sono quelle deputate alle emozioni e al meccanismo di ricompensa e nell’amigdala, il centro di integrazione dei processi neurologici superiori delle emozioni, coinvolta anche nella memoria emozionale. Questa zona dell’encefalo è anche attiva nel sistema di comparazione delle esperienze passate e nell’elaborazione degli stimoli olfattivi.
Il primo chip è stato in grado di “spegnere” gli stimoli nervosi che conducevano alla depressione, il secondo a “predire” quanto i sintomi si manifesteranno. Questo pacemaker da cervello non produce una stimolazione continua, ma è programmato per rilasciare uno stimolo ogni tot secondi e ogni volta in cui rileva un’attività elettrica legata alla depressione.
Per un informatico come me, leggere delle applicazioni in campo medico del mio lavoro mi riempie di orgoglio e di propositività verso le future ed infinite applicazioni che l’unione di questi due ambiti può produrre.
da Giorgio Bagnasco | Set 23, 2021 | Uncategorized
Recentemente Mark Zuckerberg, patron di Facebook, ha svelato quale sia il suo nuovo e ambizioso progetto: basta scontati sviluppi di applicazioni social e di hardware, nel futuro dell’azienda c’è lo spazio 3D, una materializzazione del virtuale internet, cioè un ibrido digitale e fisico definito “metaverso”.
Il termine è stato preso in prestito da un romanzo di fantascienza scritto nel secondo decennio del secolo scorso e del quale era il titolo.
In quell’opera la parola descriveva un futuribile spazio virtuale e tridimensionale, nato dalla confluenza di una realtà fisica virtualmente migliorata, in uno spazio digitale sempre attivo, in cui le persone reali coesistono simultaneamente indossando speciali cuffie e occhiali e possono interagire attraverso degli avatar.
In realtà prima di Zuckelberg ci ha pensato Steven Spielberg con il suo “Ready Player One”, bellissimo e realistico film sul futuro distopico che forse ci attende ma non vorrei offendere uno degli uomini più facoltosi del mondo, togliendogli il piacere dello scoop mediatico.
Gli lascio però il ruolo di divulgatore, perché da quando ne ha parlato lui, si sono accesi i riflettori sul metaverso, che è divenuto uno dei principali argomenti dibattuti tra gli addetti ai lavori e non solo, riguardo l’evoluzione di Internet e delle infrastrutture tecnologiche ad esso legate e sul ruolo delle attuali aziende leader. Evidentemente non si può non pensare al futuro di questo ambito ormai ma per adesso questa trasformazione è largamente inespressa e più legata a possibili e futuribili evoluzioni, che non a concreti modi di funzionamento. Per ora ci muoviamo tra previsioni e prospettive e la mia posizione scettica vista tra un po’ di tempo, forse mi farà apparire medioevale e provinciale, forse invece sarà sbagliata, perché risulterò incapace di cogliere la preveggenza del CEO di Facebook, staremo a vedere.
Le perplessità sull’argomento sono di certo dovute alla difficoltà a comprendere modelli e concetti ancora privi di riferimenti pratici.
Per rendere più comprensibile il discorso, è possibile citare alcune delle concezioni più comuni del metaverso derivate dalla fantascienza, in cui è raffigurato come una manifestazione della realtà di certo reale, scusate il calembour ma basata su un mondo virtuale, come nei film Matrix e Ready Player One appunto. In genere questi riferimenti ne esplicitano alcuni aspetti ma ne tralasciano altri, limitando la discussione ad un piano concettuale.
Per contro agli inizi degli anni ’80 era difficile prevedere e comunicare a chi non era del mestiere cosa sarebbe stato Internet oggi, allo stesso modo non sappiamo oggi come descrivere il metaverso che molto probabilmente vedremo in tempi non così lunghi.
I teorici di questa nuova realtà lo hanno stigmatizzato come costante, cioè un’esperienza senza interruzioni né possibilità di annullamento; sarà reale per tutti, pur permettendo la programmazione di eventi, come accade nella vita reale. Inoltre non porrà limitazioni al numero di utenti interconnessi.
Il metaverso avrà un risvolto commerciale ed economico impattante, perché individui e gruppi potranno creare, possedere, investire, vendere ed essere pagati per le loro prestazioni.
Questa nuova frontiera del web sarà sia digitale che fisica, sia disponibile sulle reti pubbliche che su quelle private, sia sulle piattaforme free che a quelle a pagamento. Dati, oggetti, risorse, contenuti saranno creati e gestiti da una grande varietà di contributori: individui, gruppi organizzati o imprese commerciali.
Le caratteristiche controverse e difficili da immaginare del metaverso porteranno di certo ad uno stravolgimento delle attuali regole e dinamiche dell’esperienza umana digitale, che oggi funziona come un mercato in cui ogni bancarella utilizza la propria valuta, i propri documenti e ha le proprie unità di misura.
I frequentatori del metaverso utilizzeranno un’unica identità digitale con un unico sistema generale, esso non sarà soltanto un «mondo virtuale» come può esserlo una piattaforma come Fortnite o Second Life, il sito Internet pensato per ospitare una seconda vita digitale.
Non sarà un gioco, né un hardware, né un’esperienza online. Sarà un mondo digitale fatto di dispositivi, servizi, siti Web, eccetera; funzionerà con un insieme di protocolli, tecnologia, canali e linguaggi, contenuti ed esperienze di comunicazione al di sopra di quell’insieme.
Sarà la porta di accesso alla gran parte delle esperienze digitali, una componente di quelle fisiche e la prossima piattaforma di lavoro?
Forse e se così sarà, produrrà un valore economico di migliaia di miliardi.
Lentamente il Metaverso modificherà il modo in cui distribuiamo e monetizziamo le risorse, man mano che prodotti, servizi e capacità tecniche si integreranno.
L’unico problema per ora sono le infrastrutture perché il metaverso richiede qualcosa che non esiste ancora. Internet non è stato progettato per sostenere la partecipazione di miliardi di persone in sincrono ed è strutturato con singoli server che comunicano tra loro in base alle necessità.
Ci sono aziende al lavoro da tempo per risolvere questo problema ma si tratta di una sfida epocale.
Occorrerà rivedere inoltre le regole sulla censura, sul controllo delle comunicazioni, sulle normative etc.
Insomma il dibattito sarà intenso e vedremo che cosa la tecnologia saprà fare, io, per quanto informatico, continuo a pensare che dobbiamo continuare a vivere all’aperto e incontrare le persone e il mondo che ci circonda in una realtà “reale”, se mi permettete il gioco di parole, lasciando quella “virtuale” in ambiti specifici e tecnici, noi possiamo ancora farlo. La tecnologia dovrebbe essere utilizzata per migliorare queste esperienze umane che ci accompagnano da milioni di anni, non per sostituirle.
Recentemente Mark Zuckerberg, patron di Facebook, ha svelato quale sia il suo nuovo e ambizioso progetto: basta scontati sviluppi di applicazioni social e di hardware, nel futuro dell’azienda c’è lo spazio 3D, una materializzazione del virtuale internet, cioè un ibrido digitale e fisico definito “metaverso”.
Il termine è stato preso in prestito da un romanzo di fantascienza scritto nel secondo decennio del secolo scorso e del quale era il titolo.
In quell’opera la parola descriveva un futuribile spazio virtuale e tridimensionale, nato dalla confluenza di una realtà fisica virtualmente migliorata, in uno spazio digitale sempre attivo, in cui le persone reali coesistono simultaneamente indossando speciali cuffie e occhiali e possono interagire attraverso degli avatar.
In realtà prima di Zuckelberg ci ha pensato Steven Spielberg con il suo “Ready Player One”, bellissimo e realistico film sul futuro distopico che forse ci attende ma non vorrei offendere uno degli uomini più facoltosi del mondo, togliendogli il piacere dello scoop mediatico.
Gli lascio però il ruolo di divulgatore, perché da quando ne ha parlato lui, si sono accesi i riflettori sul metaverso, che è divenuto uno dei principali argomenti dibattuti tra gli addetti ai lavori e non solo, riguardo l’evoluzione di Internet e delle infrastrutture tecnologiche ad esso legate e sul ruolo delle attuali aziende leader. Evidentemente non si può non pensare al futuro di questo ambito ormai ma per adesso questa trasformazione è largamente inespressa e più legata a possibili e futuribili evoluzioni, che non a concreti modi di funzionamento. Per ora ci muoviamo tra previsioni e prospettive e la mia posizione scettica vista tra un po’ di tempo, forse mi farà apparire medioevale e provinciale, forse invece sarà sbagliata, perché risulterò incapace di cogliere la preveggenza del CEO di Facebook, staremo a vedere.
Le perplessità sull’argomento sono di certo dovute alla difficoltà a comprendere modelli e concetti ancora privi di riferimenti pratici.
Per rendere più comprensibile il discorso, è possibile citare alcune delle concezioni più comuni del metaverso derivate dalla fantascienza, in cui è raffigurato come una manifestazione della realtà di certo reale, scusate il calembour ma basata su un mondo virtuale, come nei film Matrix e Ready Player One appunto. In genere questi riferimenti ne esplicitano alcuni aspetti ma ne tralasciano altri, limitando la discussione ad un piano concettuale.
Per contro agli inizi degli anni ’80 era difficile prevedere e comunicare a chi non era del mestiere cosa sarebbe stato Internet oggi, allo stesso modo non sappiamo oggi come descrivere il metaverso che molto probabilmente vedremo in tempi non così lunghi.
I teorici di questa nuova realtà lo hanno stigmatizzato come costante, cioè un’esperienza senza interruzioni né possibilità di annullamento; sarà reale per tutti, pur permettendo la programmazione di eventi, come accade nella vita reale. Inoltre non porrà limitazioni al numero di utenti interconnessi.
Il metaverso avrà un risvolto commerciale ed economico impattante, perché individui e gruppi potranno creare, possedere, investire, vendere ed essere pagati per le loro prestazioni.
Questa nuova frontiera del web sarà sia digitale che fisica, sia disponibile sulle reti pubbliche che su quelle private, sia sulle piattaforme free che a quelle a pagamento. Dati, oggetti, risorse, contenuti saranno creati e gestiti da una grande varietà di contributori: individui, gruppi organizzati o imprese commerciali.
Le caratteristiche controverse e difficili da immaginare del metaverso porteranno di certo ad uno stravolgimento delle attuali regole e dinamiche dell’esperienza umana digitale, che oggi funziona come un mercato in cui ogni bancarella utilizza la propria valuta, i propri documenti e ha le proprie unità di misura.
I frequentatori del metaverso utilizzeranno un’unica identità digitale con un unico sistema generale, esso non sarà soltanto un «mondo virtuale» come può esserlo una piattaforma come Fortnite o Second Life, il sito Internet pensato per ospitare una seconda vita digitale.
Non sarà un gioco, né un hardware, né un’esperienza online. Sarà un mondo digitale fatto di dispositivi, servizi, siti Web, eccetera; funzionerà con un insieme di protocolli, tecnologia, canali e linguaggi, contenuti ed esperienze di comunicazione al di sopra di quell’insieme.
Sarà la porta di accesso alla gran parte delle esperienze digitali, una componente di quelle fisiche e la prossima piattaforma di lavoro?
Forse e se così sarà, produrrà un valore economico di migliaia di miliardi.
Lentamente il Metaverso modificherà il modo in cui distribuiamo e monetizziamo le risorse, man mano che prodotti, servizi e capacità tecniche si integreranno.
L’unico problema per ora sono le infrastrutture perché il metaverso richiede qualcosa che non esiste ancora. Internet non è stato progettato per sostenere la partecipazione di miliardi di persone in sincrono ed è strutturato con singoli server che comunicano tra loro in base alle necessità.
Ci sono aziende al lavoro da tempo per risolvere questo problema ma si tratta di una sfida epocale.
Occorrerà rivedere inoltre le regole sulla censura, sul controllo delle comunicazioni, sulle normative etc.
Insomma il dibattito sarà intenso e vedremo che cosa la tecnologia saprà fare, io, per quanto informatico, continuo a pensare che dobbiamo continuare a vivere all’aperto e incontrare le persone e il mondo che ci circonda in una realtà “reale”, se mi permettete il gioco di parole, lasciando quella “virtuale” in ambiti specifici e tecnici, noi possiamo ancora farlo. La tecnologia dovrebbe essere utilizzata per migliorare queste esperienze umane che ci accompagnano da milioni di anni, non per sostituirle.
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