In questi ultimi due anni abbiamo imparato ad utilizzare, come mai prima, tutti gli strumenti informatici per sopperire all’impossibilità di incontrarsi di persona e frequentare luoghi pubblici. Così gli store dell’e-commerce hanno registrato crescite stratosferiche, il lavoro è diventato casalingo e da remoto, il cinema lo guardiamo sulle piattaforme, la scuola la frequentiamo in DAD e persino le cure mediche, le facciamo in telemedicina. Dopo il grande balzo in avanti del cinema on demand, il settore che è cresciuto di più è quello dei libri virtuali. L’incremento globale del settore è stato tra il due ed il tre percento sia per la chiusura di molti punti vendita, sia per la “reclusione forzata” che ha privato gli italiani di tante altre forme di intrattenimento e che si sono riscoperti ferventi lettori. Il cartaceo sostanzialmente ha tenuto, con le librerie che si sono trasformate in venditrici di servizi, oltre che di carta stampata, sia come valore complessivo, sia come numero di copie, mentre c’è stato un incremento del 36% degli ebook ed un raddoppio degli audiolibri. Rilevante il fatto che gli ebook, se in valore rappresentano il 6% delle vendite, in termini di copie sono al 13%, in quanto il prezzo medio è meno di metà. Il rapporto inoltre sottolinea come le vendite on line siano passate dal 27% al 43%, su base annua, ma con un picco nei primi trimestri, poi in parte riequilibrato.
Quindi il settore tiene, con l’aumento degli ebook, la crescita degli audiolibri e l’aumento delle vendite verso l’online. Ma ciascuno di questi fattori si manterrà stabile nel tempo o tornerà a livelli prepandemici? È presumibile che nel 2021 ed ancor più nel 2022, potendo ricominciare a viaggiare, a frequentare ristoranti, concerti, teatri, cinema, etc. gli italiani leggeranno un po’ meno, staremo a vedere. Così come non è chiaro quanto l’acquisto a distanza e la lettura dematerializzata siano ormai abitudini che il lockdown ha contribuito a consolidare. Per cercare di capire i possibili sviluppi dello scenario editoriale, valutiamo quali sono i modelli di business che Internet offre e come si sono evoluti altri settori di intrattenimento.
Prima fu la musica, si è sempre venduta su supporti fisici (LP e CD, che si vendono ancora, anche se sono diventati per collezionisti), poi con la dematerializzazione, la si inizia a distribuire gratis online: nasce Napster nel 1999, ad opera di Sean Parker. Le case discografiche gli fanno causa e lo fanno chiudere. I tempi non sono maturi. Oggi la musica si ascolta gratis con pubblicità su Youtube o Spotify o senza, pagando un abbonamento, sempre su Spotify (di cui peraltro Sean Parker è uno dei principali investitori). Quindi è la volta del cinema. Lo abbiamo visto per decenni nelle apposite sale, comodamente seduti su poltroncine, poi a casa con VHS e DVD. In un secondo momento i diritti venivano ceduti alle televisioni vecchia maniera. Oggi con la virtualizzazione ed una banda di trasmissione adatta, si guardano i film e gli altri prodotti video in streaming. Netflix ha iniziato la propria attività nel 1998 distribuendo DVD, con l’intento di portare il film a casa del cliente: poi col cambiamento della tecnologia, continua a portarli a casa ma dematerializzati. Disney, sempre in abbonamento, sta mettendo sulla sua piattaforma gli enormi archivi a sua disposizione, con Pixar, Marvel, I Simpson (Fox).
E i libri? Alle ormai stantie e banali considerazioni sul piacere fisico del maneggiare il libro, di sentire il rumore delle pagine girate e del loro profumo, che in realtà diventa polveroso dopo anni di scaffali o mensole, quanti di noi leggono ancora i quotidiani comprati in edicola? In effetti non è green e rispettoso delle future generazioni tagliare alberi per fare fogli di carta, stamparli, leggerli e cestinarli in giornata. Fortunatamente la tecnologia per dematerializzare i libri esiste da tempo, e ora è diventata semplice e poco costosa. Esiste un problema legato però alla virtualizzazione dei prodotti editoriali, il rispetto e la garanzia dei diritti d’autore. Gli ebook devono essere necessariamente protetti da un formato dato dalla piattaforma che pubblica: Amazon richiede l’acquisto del dispositivo Kindle, IBS si affida alla protezione DRM di Adobe, purtroppo i due sistemi non sono compatibili e creano una concorrenza sleale sul mercato. Per gli audiolibri sono disponibili piattaforme in abbonamento, ad esempio Storytel svedese o Audible di Amazon.
Osservando attentamente il mercato si nota che sono soprattutto i colossi ad usare queste piattaforme, mentre molti piccoli editori non vendono in formato elettronico i propri prodotti. Qui si ravvisa una monopolizzazione del mercato, poiché il proprietario della piattaforma pretende la fetta maggiore degli introiti, lasciando agli editori le briciole. Ad esempio Amazon chiede il 40% del prezzo di copertina sul cartaceo ed il 50% su un ebook, questo scoraggia gli editori che non possono contare su vendite a 5 cifre. Alla fine di questa carrellata che fotografa la situazione attuale, verrebbe da suggerire agli editori di mettere in rete in abbonamento i propri archivi sterminati di opere non più ristampate, convertendone alcune in audiolibri. Sarebbe bello vedere piattaforme flat della Mondadori, della de Agostini o della Einaudi! Staremo a vedere.
Giorgio Bagnasco
Managed Services Specialist
Dottore in Matematica Informatica, originariamente sviluppatore di applicazioni Web, amministratore di database e project manager in una vasta gamma di applicazioni aziendali. Oggi specializzato in IT Management e System Integration, problem solving, progettazione e gestione di reti informatiche, ottimizzazione di sistemi informativi aziendali
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